Intervista con Cristina Mezzanotte

Nata per correre, nel lavoro e nella vita. La presidente di Manageritalia Emilia-Romagna si racconta a BET SHE CAN

Cristina Mezzanotte è presidente di Manageritalia Emilia-Romagna, una delle regioni più produttive e dinamiche d’Italia.

Dopo la laurea in Economia e Commercio, Economia Aziendale, ha maturato 30 anni di esperienza nel mondo Automotive, è consigliera di Amministrazione Fondo Previdenza Integrativa Mario Negri e segretaria di Cida, la Confederazione delle Alte Professionalità. Cristina Mezzanotte è da sempre impegnata nella promozione della Gender Equality. Passioni? Nuotatrice e camminatrice incallita. Nel suo curriculum anche una sorella artista di successo, Silvia Mezzanotte.

Cristina, com’eri da bambina?

Ero una bambina che non ha imparato a camminare, ma a correre. A tre anni ho chiesto un piccolo budget per andare a fare la spesa di sedano e carote, ma ho preteso di andare da sola con i soldi per pagare. Ho chiesto a mia madre se pensasse di essere lei la “comandatrice”, insomma, avevo una esigenza di indipendenza manifesta.

Essere una femmina ha influito sulle tue scelte scolastiche?

Essere una femmina non ha influito sulle mie scelte scolastiche, direi che ho seguito un’inclinazione legata ai numeri e alle amiche che hanno intrapreso con me lo stesso percorso.

Hai avuto difficoltà nel corso della tua carriera in quanto donna?

Il mio primo giorno di ferie l’ho chiesto per andare a laurearmi, trovai lavoro prima di finire gli studi, si trattava di un “lavoro da maschio”. Ho continuato a rapportarmi con uomini in ambiti professionali nei quali le donne non esistevano: ero la responsabile commerciale di una casa automobilistica. Non ho avuto però difficoltà, ma ho dovuto lavorare il doppio di un uomo per affermarmi: dovevo dimostrare di più.

Cosa consiglieresti alle studentesse che vogliano intraprendere una carriera STEM?

Consiglierei di farlo se sono materie in cui si sentono “comode”. Ciascuno deve ricercare il proprio talento, ciò che ci fa stare bene senza guardare l’orologio. Nelle materie STEM ci saranno i leader di domani, occorre fare un’analisi proiettiva e domandarsi: “Dove voglio essere fra dieci anni?”. Io, se dovessi ricominciare tutto da capo, non avrei dubbi e mi dedicherei alle materie STEM.

Quali sono gli stereotipi uomo/donna che secondo te ancora persistono ai nostri giorni?

Fra gli stereotipi direi innanzitutto quella del cercare un lavoro (e quindi un percorso di studio) che ti faccia permetta un part time: è un errore. Le donne pagano nel lungo periodo questa scelta che le porta anche a percepire una pensione media del 32% inferiore ai colleghi uomini. Un altro stereotipo è legato all’idea che “Le donne non sono adatte per certi lavori”: si possono trovare soluzioni che ci permettano di essere in grado di fare qualsiasi cosa. Chiudo con un grande classico: “Le donne non capiscono nulla di denaro”: balle. Le donne vanno aiutate affinché acquisiscano e accrescano certe competenze, e faranno meglio di molti uomini.

Cosa pensi di BET SHE CAN?

Penso che facciate benissimo a creare empowerment nelle bambine. È nell’ età 5-12 che, a mio avviso, si acquisisce consapevolezza. A me e a mia sorella non hanno mai detto che non potevamo fare certe cose, così le abbiamo affrontate e alcune ci sono riuscite altre no, ma ci abbiamo provato. Nostra madre e nostra nonna hanno fatto la differenza. Loro erano e sono guerriere progressiste.

Ed ora alcune domande dal progetto “Anche noi reporter” 

Francesca (9 anni) “Che cosa ti piace del tuo lavoro?” Poter aiutare.

Elisa (8 anni) “Hai paura di qualcosa?” Di ammalarmi e non poter più correre e lavorare come ora.

Jasmine (10 anni) “Sei fiera del tuo lavoro?” Molte volte sì, ma sono anche una super critica di me stessa. Mi chiedo sempre come avrebbero fatto mia madre o mia nonna al mio posto e cerco sempre di migliorarmi.

Irma (10 anni) “Sei famosa?” No, non sono famosa, ma ho una sorella abbastanza famosa che ha vinto anche il Festival di Sanremo. Ho fatto quindi i conti con l’essere la sorella meno famosa ed è stato un bell’esercizio di consapevolezza sul talento altrui da mettere in risalto, da evidenziare con orgoglio. Io sono felice di tutti i successi che mia sorella ottiene e quando il pubblico l’acclama rivedo tutto il percorso in salita fatto per arrivare a quei livelli di preparazione. Nulla si ottiene per caso. Sia lei che io abbiamo studiato tantissimo e lavorato per mettere a terra i nostri sogni.